Il primo farmaco al mondo per l’algodistrofia
Il primo farmaco al mondo per l’algodistrofia
08 maggio 2014
Comunicato stampa
Scoperto dal dott. Massimo Verenna dell’Ospedale Pini grazie a uno studio multicentrico
Milano, 8 maggio 2014 – “Presso il nostro ente – dice il dott. Massimo Varenna, Direttore dell’Unità Operativa Semplice di Osteoporosi e Malattie Metaboliche dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano e membro della SIOMMMS (Società Italiana dell’Osteoporosi e delle Malattie del Metabolismo Minerale e dello Scheletro) – abbiamo portato a termine uno studio multicentrico nazionale che è stato recensito anche da Nature e che ha individuato l’unico farmaco al mondo che, per ora per via endovenosa, ma in futuro forse anche per via intramuscolare, consente di curare l’algodistrofia”.
“È stato decisivo uno studio pubblicato su Reumatology[1] alla fine del 2013 – aggiunge il dott. Varenna – in termini di dimensione del campione (80 pazienti con diagnosi precoce, cioè entro 4 mesi dall’insorgenza della patologia) e della durata del follow up (1 anno) per arrivare alla prima indicazione di questa terapia da parte di AIFA per l’algodistrofia. Dal punto di vista fisiopatologico il neridronato, grazie alle elevate concentrazioni raggiunte nella sede patologica, è in grado di contrastare attraverso vari meccanismi l’edema midollare che è una frequente manifestazione della malattia, migliorando rapidamente il trofismo scheletrico e riducendo di conseguenza i sintomi”.
La sindrome algodistrofica viene spesso sottodiagnosticata, malgrado abbia una incidenza discretamente elevata, e risulta, a oggi, ancora tra le malattie rare. Tuttavia esami come la risonanza magnetica e la scintigrafia consentono un’indagine precoce e l’individuazione delle specifiche alterazioni di questa patologia. Uno studio epidemiologico sul dato di incidenza della CRPS (complex regional pain syndrome type 1), elaborato dall’Erasmus Medical Center, Pharmaco-epidemiology Unit, Departments of Medical Informatics and Epidemiology and Biostatistics, e dall’ Erasmus Medical Center, Department of Anesthesiology, dei Paesi Bassi ne evidenzia l’impatto sociale per il rapporto di 26.2 per 100,000 persone all’anno. Secondo questo studio le donne, di età compresa tra i 61 e i 70 anni, ne sono affette tre volte di più rispetto agli uomini. “Lo schema terapeutico sperimentato nello studio che abbiamo portato avanti – dice il prof. Massimo Varenna – prevede 4 somministrazioni (2 volte per 2 settimane), diluite in soluzione fisiologica ed iniettate per via venosa, ed ha dato come risultati la netta riduzione sia della sintomatologia dolorosa, che dei segni locali di infiammazione, fino alla remissione completa della disabilità a livello della sede di malattia”. I dati dello studio, a cui ha partecipato l’Istituto G. Pini, e anni di risultati di ricerche, hanno portato al decisivo consolidamento della letteratura scientifica, con l’indicazione di elevate somministrazioni di neridronato per via venosa come una terapia in grado di curare pazienti algodistrofici con diagnosi precoce.
L’algodistrofia ha un’incidenza[2] (26 casi su 100.000 pazienti l’anno) decisamente superiore a quella di una malattia finora considerata rara. AIFA ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale[3] l’indicazione del neridronato, molecola della famiglia dei bisfosfonati, come terapia di scelta per questa importante patologia. Le tipiche manifestazioni cliniche sono costituite da un intenso processo infiammatorio nelle sedi di malattia al quale si accompagna la manifestazione scheletrica che è rappresentata da una severa demineralizzazione dello scheletro della mano e del piede che può giungere ad un livello tale da causare fratture. Il sintomo dominante è il dolore che assume i caratteri particolari propri dell’iperalgesia (dolore sproporzionato allo stimolo) e dell’allodinia (dolore scatenato anche da stimoli che normalmente non inducono alcuna sintomatologia dolorosa). Se non trattata precocemente l’algodistrofia può causare invalidità permanente nella funzione della mano e del piede, con tutto quello che questo può comportare per la qualità di vita del paziente.
“In base a queste evidenze medico-scientifiche – conclude il dott. Varenna – risultano chiari due elementi palesemente interconnessi tra loro: da un lato l’importanza di sensibilizzare soprattutto i reumatologi e altri specialisti sull’algodistrofia in modo che siano in grado di diagnosticare i pazienti entro un tempo il più breve possibile dall’insorgenza della patologia. Dall’altro la necessità di tenere in considerazione la nuova indicazione di AIFA, perché, oltre ad una diagnosi precoce, venga adottato, da oggi in poi, l’unico schema terapeutico validato, quello con neridronato. Quest’approccio potrebbe infatti evitare guai a pazienti, frequentemente costretti a vere e proprie peregrinazioni per essere curati con terapie non validate e spesso particolarmente costose per il Sistema Sanitario Nazionale”.
[1] Varenna M et al. Treatment of complex regional pain syndrome type I with neridronate: a randomized, double-blind, placebo-controlled study, Rheumatology. 2013;52:534–542.
[2] “The incidence of complex regional pain syndrome: A population-based study”, Pain 129 (2007) 12–20
[3] Gazzetta Ufficiale N° 28 – 4 Febbraio 2014 http://www.gazzettaufficiale.biz/atti/2014/20140028/14A00533.htm